Pagina:Leopardi - Operette morali, Chiarini, 1870.djvu/41

DIALOGO.

xxxvij


sta nel difficile; perch'ella è semplice e piana in guisa, che anche un uomo al tutto inerudito, purchè di buon senso, può intenderla. Ma ciò che l'autore ragiona ivi della eternità della materia, della caducità delle forme di essa, della forza o forze ond'è continuamente trasformata, mi appare dedotto con la più stretta logica da verità così evidenti, ch'io non so se davvero come si possa negargli fede.

Giobertiano.
Comincio ad accorgermi che avevate ragione dicendo fin da principio che questa nostra disputa finirebbe lasciando ciascuno di noi nella sua opinione. I nostri ragionamenti muovono da principii troppo diversi: io non posso ammettere certe che a voi paiono verità evidenti; voi mi chiedete la prova di postulati che per me non hanno bisogno di prova, e dei quali è impossibile darla. A ciò che il Leopardi ragiona della eternità della materia io, per modo d'esempio, oppongo che non può essere eterno ciò che non è immutabile: ma che gioverà la mia opposizione, se voi mi chiederete che vi dimostri per quale ragione l'eterno deve essere immutabile? Chi può dare la dimostrazione di una verità che si sente esser tale, ma non si può dimostrare? Cessiamo dunque il discorrere della verità o non verità delle dottrine leopardiane. Dato e non concesso ch'elle sian vere, io sono pure curioso di udire con quali argomenti saprete provarmi che non sono immorali.
Razionalista.
Io affermo anzi che sono moralissime, e che la morale allora solo poserà sopra base certa e incrollabile quando sarà daccordo col vero, cioè con coteste dottrine. Sapete voi perchè a molti questo accordo pare un impossibile, una contradizione? Perchè sono assuefatti da tutta la vita a considerare le verità morali