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XX
CHIARINI
- Giobertiano.
- Se io volessi rispondere a tutto ciò che voi siete venuto dicendo, mi bisognerebbe e fare troppo lungo discorso e vagare troppo lontano dallo argomento. Lasciando ogni rimanente, voglio però dirvi che non mi ha punto persuaso il ragionamento da voi fatto per dimostrare che da una verità si possono trarre conclusioni dannose. L'esempio da voi recato non fa al caso, perché in esso la conseguenza non precede necessaria dalla premessa, e questa è incompiuta. Se la natura ha posto nell'uomo, insieme colle buone anche le male passioni, gli ha dato altresì e intelletto per discernere quelle da queste e consigliarsi nella scelta, e volontà da seguire i consigli dell'intelletto: onde non solamente non fa cosa contro natura, ma ne osserva strettamente le leggi chi punisce i malvagi, i quali non vollero o non seppero far buon uso delle facoltà ch'ella concesse loro.
- Razionalista.
- È qui dove io vi aspettava. Lasciamo stare che potrebbe domandarsi: perchè condannare l'uomo a questa lotta col male, in cui per colpa o dell'intelletto o della volontà spesso rimane soccombente? E se la lotta volevasi, perchè non provvederlo sempre di armi sì valide che agli assicurassero la vittoria? A gran torto un re ed una nazione punirebbero della toccata sconfitta un capitano cui eglino stessi avessero mandato quasi inerme a combattere un nemico formidabile. Ma al postutto, non valeva meglio risparmiare all'uomo questa inutile lotta, nella quale o vincitore o vinto non ha merito o demerito alcuno? Perchè, a volere che l'uomo potesse tenersi responsale davanti alla natura degli atti suoi, sarebbe mestieri ch'egli esistesse e fosse quale è esclusivamente per atto della sua volontà. Lasciamo, dico, questo discorso, che non fa al proposito nostro; e udite come io vi rispondo.