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DIALOGO.

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a voi e ai contradittori del Leopardi; i quali argomentate dalle dottrine di lui come fareste dalle vostre medesime: per questo vediamo sovente da uno stesso fatto, da uno stesso giudizio, trarsi da molti conclusioni diversissime, che tutte per qualche rispetto possono parere ragionevoli. L'applicazione di una dottrina bisogna lasciarla fare a quelli che la professano, e lasciare ch'essi ne deducano le conseguenze legittime. Solamente abbiamo il diritto di giudicare se quell'applicazione è retta, se queste conseguenze non ripugnano ad essa dottrina e alla natura dell'uomo. Voler giudicare delle verità o falsità di una dottrina filosofica solo dalle conseguenze che ciascuno può trarne, le quali, come vedemmo, possono essere tanto varie quanto nell'argomento cui essa dottrina si riferisce sono varie le opinioni degli uomini, è per lo meno cosa molto incerta e pericolosa. Che intendete voi per verità? Il giudicare di un vero o di un falso o cadrà intorno a' fatti o intorno a' giudizi umani. I fatti o avvengono dentro noi stessi, e ne abbiamo coscienza immediata, o avvengono fuori di noi, e li apprendiamo per via de' sensi, o di dimostrazioni scientifiche. Qualunque essi sieno, non sorge e non può sorgere controversia intorno alla esistenza loro, ma varia e può variare all'infinito la stima che se ne fa. I giudizi poi o sono evidenti di per sè stessi, come quelli che esprimono semplicemente la esistenza dei fatti, come gli assiomi della geometria, come i calcoli del matematico, o si derivano logicamente da questi, e si dimostrano veri per la evidenza delle prove. Ma v'ha ancora un'altra sorte di giudizi; tutti quelli che procedono dalla varia stima che portiamo dei fatti. Al qual genere appartengono la maggior parte dei filosofici. Ed in questi è grandissima, e forse non mai