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Selvaggio. Che maraviglia? E la madre ancora, che già non debbe esser buona da fare altri figliuoli, penso di mangiarla presto.
Momo. Come si mangia la gallina dopo mangiate le uova.
Selvaggio. E l’altre donne che io tengo, come sieno fatte inutili a partorire, le mangerò similmente. E questi miei schiavi che vedete, forse che li terrei vivi, se non fosse per avere di quando in quando de’ loro figliuoli, e mangiarli? Ma invecchiati che saranno, io me li mangerò anche loro a uno a uno, se io campo (nota 520-521 9-1).
Prometeo. Dimmi: cotesti schiavi sono della tua nazione medesima, o di qualche altra?
Selvaggio. D’un’altra.
Prometeo. Molto lontana di qua?
Selvaggio. Lontanissima: tanto che tra le loro case e le nostre, ci correva un rigagnolo. E additando un collicello, soggiunse: ecco là il sito dov’ella era; ma i nostri l’hanno distrutta(nota 521-522 2-1). In questo parve a Prometeo che non so quanti di coloro lo stessero mirando con una cotal guardatura amorevole, come è quella che fa il gatto al topo: sicché, per non essere mangiato dalle sue proprie fatture, si levò subito a volo; e seco similmente Momo: e fil tanto il timore che ebbero l’uno e l’altro, che nel partirsi, corruppero i cibi dei barbari con quella sorta d’immondizia che le arpie sgorgarono per invidia sulle mense troiane. Ma coloro, più famelici e meno schivi de’ compagni