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della collera di mio padre non te ne dare altro pensiero, che io m’obbligo, in ogni caso, a rifarti i danni; e senza più cavati il cappotto e manda la palla.

Atlante. O per grado o per forza, mi converrà fare a tuo modo; perchè tu sei gagliardo e coll’arme, e io disarmato e vecchio. Ma guarda almeno di non lasciarla cadere, che non se le aggiungessero altri bernoccoli, o qualche parte se le ammaccasse, o crepasse, come quando la Sicilia si schiantò dall’Italia e l’Affrica dalla Spagna; o non ne saltasse via qualche scheggia, come a dire una provincia o un regno, tanto che ne nascesse una guerra.

Ercole. Per la parte mia non dubitare.

Atlante. A te la palla. Vedi che ella zoppica, perchè l’è guasta la figura.

Ercole. Via dàlle un po’ più sodo, chè le tue non arrivano.

Atlante. Qui la botta non vale, perchè ci tira garbino al solito, e la palla piglia vento, perch’è leggera.

Ercole. Cotesta è sua pecca vecchia, di andare a caccia del vento.

Atlante. In verità non saria mal fatto che ne la gonfiassimo, che veggo che ella non balza d’in sul pugno più che un popone.

Ercole. Cotesto è difetto nuovo, che anticamente ella balzava e saltava come un capriolo.

Atlante. Corri presto in là; presto ti dico;