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regrinare tra gli uomini: per l’uso e per la familiarità della quale, dovere il genere umano venire in sì fatti termini, che di altezza di conoscimento, eccellenza d’instituti e di costumi, e felicità di vita, per poco fosse comparabile al divino. Ma come poteva una pura ombra ed una sembianza vota mandare ad effetto le sue promesse, non che menare in terra la Verità? Sicchè gli uomini, dopo lunghissimo credere e confidare, avvedutisi della vanità di quelle profferte; e nel medesimo tempo famelici di cose nuove, massime per l’ozio in cui vivevano; e stimolati parte dall’ambizione di pareggiarsi agli Dei, parte dal desiderio di quella beatitudine che per le parole del fantasma si riputavano, conversando colla Verità essere per conseguire; si volsero con instantissime e presuntuose voci dimandando a Giove che per alcun tempo concedesse alla terra quel nobilissimo genio, rimproverandogli che egli invidiasse alle sue creature l’utilità infinita che dalla presenza di quello riporterebbero; e insieme si rammaricavano con lui della sorte umana, rinnovando le antiche e odiose querele della piccolezza e della povertà delle cose loro. E perchè quelle speciosissime larve, principio di tanti beni alle età passate, ora si tenevano dalla maggior parte in poca stima; non che già fossero note per quelle che veramente erano, ma la comune viltà dei pensieri e l’ignavia dei costumi facevano che quasi niuno oggimai le seguiva; perciò gli