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sare col proprio animo, o almeno col desiderio di quella loro incognita e vana felicità.

Quindi primieramente diffuse tra loro una varia moltitudine di morbi e un infinito genere di altre sventure: parte volendo, col variare le condizioni e le fortune della vita mortale, ovviare alla sazietà e crescere colla opposizione dei mali il pregio de’ beni; parte acciocchè il difetto dei godimenti riuscisse agli spiriti esercitati in cose peggiori, molto più comportabile che non aveva fatto per lo passato; e parte eziandio con intendimento di rompere e mansuefare la ferocia degli uomini, ammaestrarli a piegare il collo e cedere alla necessità, ridurli a potersi più facilmente appagare della propria sorte, e rintuzzare negli animi affievoliti non meno dalle infermità del corpo che dai travagli propri, l’acume e la veemenza del desiderio. Oltre di questo, conosceva dovere avvenire che gli uomini oppressi dai morbi e dalle calamità, fossero meno pronti che per l’addietro a volgere le mani contra se stessi, perocchè sarebbero incodarditi e prostrati di cuore, come interviene per l’uso dei patimenti. I quali sogliono anche, lasciando luogo alle speranze migliori, allacciare gli animi alla vita: imperciocchè gl’infelici hanno ferma opinione che eglino sarebbero felicissimi quando si riavessero dei propri mali; la qual cosa, come è la natura dell’uomo, non mancano mai di sperare che debba loro succedere in qualche modo. Ap-