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CONSALVO. Falla quindi per sempre un paradiso Ai cangiali occhi miei. Fin la vecchiezza, L’ abbonita vecchiezza, avrei sofferlo Con riposalo cor: che a sostentarla Bastato sempre il rimembrar sarebbe D’ un solo istante, e il dir: felice io fui Sovra tulli i felici. Ahi, ma cotanto Esser beato non consente il cielo A natura terrena. Amar lanl’ oltre Non è dato con gioia. E ben per patto In poter del carnefice ai flagelli ; Alle ruote, alle faci ito volando Sarei dalle tue braccia; e ben disceso Nel paventalo sempiterno scempio. 0 Elvira, Elvira, oh lui felice, oh sovra Gl’immortali bealo, a cui tu schiuda Il sorriso d’ amor ! felice appresso Chi per le sparga con la vita il sangue! Lice, lice al mortai, non è già sogno Come stimai gran tempo, ahi lice in terra Provar felicità. Ciò seppi il giorno Che fiso io ti mirai. Ben per mia morte Questo m’accadde. E non però quel giorno Con cerio cor giammai, fra tante ambasce, Quel fiero giorno biasimar sostenni. Or tu vivi beala, e il mondo abbella, Elvira mia, col luo sembiante. Alcuno Non P amerà quanl’ io P amai. Non nasce Un altrettale amor. Quanto, deh quanto Dal misero Consalvo in si gran tempo Chiamala fosti, e lamentala, e pianla! Come al nome d’Elvira, in cor gelando, Impallidir; come tremar son uso All’ amaro calcar della tua soglia, A quella voce angelica, all’ aspetto Di quella fronte, io ch’ai morir non Iremo! Ma la lena e la vita or vengon meno Agli accenti d’amor. Passalo ò il tempo,