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CONSALVO. Disse: tu parli, e l’ora ornai ti sforza: Elvira, addio. Non ti vedrò, ch’io creda, Un’ altra volta. Or dunque addio. Ti rendo Qual maggior grazia mai delle tue cure Dar possa il labbro mio. Premio daratti Chi può, se premio ai pii dal ciel si rende. Impallidia la bella, e il petto anelo Udendo le si fea: che sempre stringe All’ uomo il cor dogliosamente, ancora Ch’ estranio sia , chi si diparte, e dice Addio per sempre. E contraddir voleva, Dissimulando l’appressar del fato, Al moribondo. Ma il suo dir prevenne Quegli, e soggiunse: desiata, e molto, Come sai, ripregata a me discende, Non temuta, la morte; e lieto apparmi Questo feral mio di. Pesami, è vero, Che te perdo per sempre. Oimè per sempre Parlo da le. Mi si divide il core In questo dir. Più non vedrò quegli occhi, Nè la tua voce udrò! Dimmi: ma pria Di lasciarmi in eterno, Elvira, un bacio Non vorrai tu donarmi? un bacio solo In tutto il viver mio? Grazia eh’ ei chiegga Non si nega a chi muor. Nè già vantarmi Potrò del dono, io semispenlo, a cui Straniera man le labbra oggi fra poco Eternamente chiuderà. Ciò detto Con un sospiro, all’ adorala destra Le fredde labbra supplicando affìsse. Stelle sospesa e pensierosa in atto La bellissima donna; e fiso il guardo, Di mille vezzi sfavillante, in quello 'l’enea dell’ infelice, ove l’estrema Lacrima rilucea. Nè dielle il core Di sprezzar la dimanda, e il mesto addio Rinacerbir col niego; anzi la vinse Misericordia dei ben noti ardori.