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IL PBIMO AMORE. Moli per l’ossa mi serpeanol oh come Mille nell’ alma instabili, confusi Pensieri si volgean ! qual tra le chiome D’ antica selva zeGro scorrendo, Un lungo, incerto mormorar ne prome. E mentre io taccio, e mentr’io non contendo, Che dicevi o mio cor, che si partia Quella per che penando ivi e battendo? 11 cuocer non più tosto io mi senlia Della vampa d’ amor, che il venticello Che l’aleggiava, volossene via. Senza sonno io giacea sul di novello, E i destrier che dovean farmi deserto, Battean la zampa sotto al pairio ostello. Ed io timido e chelo ed inesperto, Ver lo balcone al buio protendea L’orecchio avido e 1’ occhio indarno aperto, La voce ad ascoltar, se ne dovea Di quelle labbra uscir, eh’ ultima fosse ; La voce, eh’ altro il cielo, ahi, mi togliea. Quante volle plebea voce percosse Il dubitoso orecchio, e un gel mi prese, E il core in forse a palpitar si mosse! E poi che finalmente mi discese La cara voce al core, e de’ cavai E delle rote il romorio s’intese ; Orbo rimaso allor, mi rannicchiai Palpitando nel letto e, chiusi gli occhi, Slrinsi il cor con la mano, e sospirai. Poscia traendo i tremuli ginocchi Stupidamente per la muta stanza, Ch’altro sarà, dicea, che il cor mi tocchi? Amarissima' allor la ricordanza Locommisi nel petto, e mi serrava Ad ogni voce il core, a ogni sembianza. E lunga doglia il sen mi ricercava, Com’ è quando a distesa Olimpo piove Malinconicamente e i campi lava.