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ULTIMO CANTO DI SAFFO. II mattutino albor; me non il canto De’ colorati augelli, e non de’ faggi Il murmure saluta: e dove all’ ombra Degl’ inchinati salici dispiega Candido rivo il puro seno, al mio Lubrico piè le flessuose linfe Disdegnando sottragge, E preme in fuga l’odorate spiagge. Qual fallo mai, qual si nefando eccesso Macchiommi anzi il natale, onde si torvo Il ciel mi fosse e di fortuna il volto ? In che peccai bambina, allor che ignara Di misfatto è la vita, onde poi scemo Di giovinezza, e disfioralo, al fuso Dell’ indomita Parca si volvesse Il ferrigno mio slame? Incaute voci Spande il tuo labbro: i destinali eventi Move arcano consiglio. Arcano è tutto Fuor che il nostro dolor. Negletta prole Nascemmo al pianto, e la ragione in grembo De’celesti si posa. Oh cure, oh speme De’più verd’anni! Alle sembianze il Padre, Alle amene sembianze eterno regno Diè nelle genti; e per virili imprese, Per dotta lira o canto, Virtù non luce in disadorno ammanto. Morremo. Il velo indegno a terra sparto, Rifuggirà l’ignudo animo a Dite, E il crudo fallo emenderà del cieco Dispensator de’ casi. E tu cui lungo Amore indarno, e lunga fede, e vano D’implacato desio furor mi strinse, Vivi felice, se felice in terra Visse nato mortai. Me non asperse Del soave licor del doglio avaro Giove, poi che perir gl’inganni e il sogno Della mia fanciullezza. Ogni più lieto Giorno di nostra età primo s’invola. LEOPARDI. 1. 4