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INNO AI PATRIARCHI. Riede alla terra, e il crudo affetto e gli empi Studi rinnova e le seguaci ambasce La riparata gente. Agl’ inaccessi Regni del mar vendicatore illude Profana destra, e la sciagura e il pianto A novi liti e nove stelle insegna. Or te, padre de’pii, te giusto e forte, E di tuo seme i generosi alunni Medita il petto mio. Dirò siccome Sedente, oscuro, in sul meriggio all’ombre Del riposalo albergo, àppo le molli Rive del gregge tuo nutrici e sedi, Te de’ celesti peregrini occulte Beàr 1’ eteree menti; e quale, o figlio Della saggia Rebecca, in su la sera, Presso al rustico pozzo e nella dolce Di pastori e di lieti ozi frequente Aranitica valle, amor li punse Della vezzosa Labanide: invitto Amor, eh’ a lunghi esigli e lunghi affanni E di servaggio all’ odiata soma Volenteroso il prode animo addisse. Fu certo, fu (nè d’ error vano e d’ombra L’aoniò canto e della fama il grido Pasce l’avida plebe) amica un tempo Al sangue nostro e dileltosa e cara Questa misera piaggia, ed aurea corse Nostra caduca età. Non che di latte Onda rigasse intemerata il fianco Delle balze materne, o con le greggi Mista la tigre ai consueti ovili Nè guidasse per gioco i lupi al fonte Il pastorel; ina di suo fato ignara E degli affanni suoi, vota d’ affanno Visse l'umana stirpe; alle secrete Leggi del cielo e di natura indulto Valse l’ameno error, le fraudi, il molle Pristino velo; e di sperar contenta