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ALLA PRIMAVERA. Per nudi scogli e desolali alberghi, Le non ignote ambasce e l’alte e rotte Nostre querele al curvo Etra insegnava. E le d‘ umani eventi Disse la fama esperto, Musico augel che tra chiomato bosco Or vieni il rinascente anno cantando, E lamentar nell’ alto Ozio de’ campi, all’ aer muto e fosco, Antichi danni e scellerato scorno, E d’ira e di pietà pallido .il giorno. Ma non cognato al nostro Il gener tuo; quelle tue varie note Dolor non forma, e te di colpa ignudo, Men caro assai la bruna valle asconde. Ahi ahi, poscia che vote Son le stanze d’ Olimpo, e cieco il tuono Per 1’ atre nubi e le montagne errando. Gl’ iniqui petti e gl’innocenti a paro In freddo orror dissolve; e poi eh’ estrano Il suol nativo^ e di sua prole ignaro Le mestte anime educa; Tu le cure infelici e i fati indegni Tu de’ mortali ascolta, Vaga natura, e la favilla antica Rendi allo spirto mio; se tu pur vivi. E se de’ nostri affanni Cosa veruna in ciel, se nell’ aprica Terra s’ alberga o nell’ equoreo seno. Pietosa no, ma spettatrice almeno.