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BRUTO MINORE. Il tuon rapido spingi, Ne’ giusti e pii la sacra fiamma stringi? Preme il destino invitto e la ferrata Necessità gl’infermi Schiavi di morte: e se a cessar non vale Gli oltraggi lor, de’ necessarii danni Si consola il plebeo. Men duro è il male Che riparo non ha? dolor non sente Chi di speranza è nudo? Guerra mortale, eterna, o fato indegno, Teco il prode guerreggia, Di cedere inesperto; e la tiranna Tua destra, allor che vincitrice il grava, Indomito scrollando si pompeggia, Quando nell’ alto lato L’amaro ferro intride, E maligno alle nere ombre sorride. Spiace agli Dei chi violento irrompe Nel Tartaro. Non fora Tanto valor ne’ molli eterni petti. Forse i travagli nostri, e forse il cielo I casi acerbi e gl’infelici affetti Giocondo agli ozi suoi spettacol pose? Non fra sciagure e colpe, Ma libera ne’ boschi e pura etade Natura a noi prescrisse, Reina un tempo e Diva. Or poi eh’ a terra Sparse i regni beati empio costume, E il viver macro ad altre leggi addisse ; Quando gl’ infausti giorni Virile alma ricusa, Riede natura, e il non suo dardo accusa? Di colpa ignare e de’ lor proprii danni Le fortunale belve Serena adduce al non previsto passo La tarda elà. Ma se spezzar la fronte Ne’ rudi tronchi, o da montano sasso Dare al vento precipiti le membra,