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ALLA SORELLA PAOLINA. Qual de’ vetusti eroi Tra le memorie e il grido Crescean di Sparta i figli al greco nome; Finché la sposa giovanetta il fido Brando cingeva al caro lato, e poi Spandea le negre chiome Sul corpo esangue e nudo Quando e’ reddia nel conservato scudo. Virginia, a te la molle Gota molcea con le celesti dila Beltade onnipossente, e degli alteri Disdegni luoi si sconsolava il folle Signor di Roma. Eri pur vaga, ed eri Nella stagion eh’ ai dolci sogni invita, Quando il rozzo paterno acciar ti ruppe Il bianchissimo petto, E all’ Èrebo scendesti Volonterosa. A me disfiori e scioglia Vecchiezza i membri, o padre; a me s’appresti, Dicea, la tomba, anzi che 1’ empio letto Del tiranno m’ accoglia. E se pur vita e lena Roma avrà dal mio sangue, e tu mi svena. O generosa, ancora Che più bello a’ tuoi dì splendesse il Sole Ch’oggi non fa, pur consolata e paga È quella tomba cui di pianto onora L’ alma terra naliva. Ecco alla vaga Tua spoglia intorno la romulea prole Di nova ira sfavilla. Ecco di polve Lorda il tiranno i crini ; E libertade avvampa Gli obbliviosi petti; e nella doma Terra il marie latino arduo s’ accampa Dal buio polo ai torridi confini. Così 1’ eterna Roma In duri ozi sepolta Femmineo fato avviva un’ altra volta.