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SUL MONUMENTO DI DANTE. E gli uomini e le belve immensa guerra. Cadeano a squadre a squadre Semiveslili, maceri e cruenti, Ed era letto agli egri corpi il gelo. Allor, quando traean 1’ ultime pene, Membrando questa desiala madre, Diceano: oh non le nubi e non i venli, Ma ne spegnesse il ferro, e per tuo bene, O patria nostra. Ecco da te rimoli, Quando più bella a noi 1’ elà sorride, A lutto il mondo ignoti, Moriam per quella gente che l’ uccide: Di lor querela il boreal deserlo E conscie fur le sibilanti selve. Cosi vennero al passo, E i negletti cadaveri all’ aperto Su per quello di neve orrido mare Dilaceràr le belve; E sarà il nome degli egregi e forti Pari mai sempre ed uno Con quel de’ tardi e vili. Anime care, Bench’infinita sia vostra sciagura, Datevi paee; e questo vi conforti Che conforto nessuno Avrete in questa o nell’età futura. In seno al vostro smisurato affanno Posale, o di costei veraci figli, Al cui supremo danno Il vostro solo è tal che s’ assomigli. Di voi già non si lagna La patria vostra, ma di chi vi spinse A pugnar contra lei, Si eh’ ella sempre amaramente piagna E il suo col vostro lacrimar confonda. Oh di costei eh’ ogni altra gloria vinse Pietà nascesse in core A tal de’ suoi eh’ affaticala e lenla Di si buia vorago e si profonda LEOPARDI. — 1. 2