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SDÌ- MONUMENTO DI DANTE. A viver non dannò fra tanto orrore; Che non vedesti in braccio L’itala moglie a barbaro soldato; Non predar, non guastar cittadi e colli L’asta inimica e il peregrin furore; Non degl’ itali ingegni Tratte l'opre divine a miseranda Schiavitude oltre 1’ alpe, e non de’ folli Carri impedita la dolente via; 1 Non gli aspri cenni ed i superbi regni ; Non udisti gli oltraggi e la nefanda Voce di libertà che ne schernia Tra il suon delle catene e de’ flagelli. Chi non si duol ? che non soffrimmo? intallo Che lasciaron quei felli ? Qual tempio, quale altare o qual misfatto ? Perchè venimmo a si perversi tempi? Perchè il nascer ne desti o perchè prima Non ne desti il morire, Acerbo fato ? onde a stranieri ed empi Nostra patria vedendo ancella e schiava, E da mordace lima Roder la sua virtù, di nuli’ aita E di nullo conforto Lo spietato dolor che la stracciava Ammollir ne fu dato in parte alcuna. Ahi non il sangue nostro e non la vita Avesti, o cara; e morto Io non son per la tua cruda fortuna. Qui l’ira al cor, qui la pietade abbonda: Pugnò, cadde gran parte anche di noi: Ma per la moribonda Italia no; per li tiranni suoi. Padre, se non ti sdegni, Mutato sei da quel che fosti in terra. Morian per le rutene Squallide piagge, ahi d’altra morte degni, Gl’ itali prodi; e lor fea l’aere e il cielo