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SUL MONUMENTO 01 DANTE. Conforto a nostra sventurata gente, Fra l’itale ruine Gl’ itali pregi a celebrare intente. Ecco voglioso anch’ io Ad onorar nostra dolente madre Porto quel che mi lice, E mesco all’ opra vostra il canto mio, Sedendo u’ vostro ferro i marmi avviva. 0 dell’etrusco metro inclito padre, Se di cosa terrena, Se di costei che tanto alto locasti Qualche novella ai vostri lidi arriva, Io so ben che per te gioia non senti, Che saldi men che cera e men eh’ arena, Verso la fama che di te lasciasti, Son bronzi e marmi; e dalle nostre menti Se mai cadesti ancor, s’ unqua cadrai, Cresca, se crescer può, nostra sciaura, E in sempiterni guai Pianga tua stirpe a tutto il inondo oscura. Ma non per le ; per questa ti rallegri Povera patria tua, s’unqua l’esempio Degli avi e de’ parenti Ponga ne’ figli sonnacchiosi ed egri Tanto valor che un tratto alzino il viso. Ahi, da che lungo scempio Vedi-afflitta costei, che si meschina Te salutava allora Che di novo salisti al paradiso ! Oggi ridotta si che a quel che vedi. Fu fortunata allor donna e reina. Tal miseria 1’ accora Qual tu forse mirando a te non credi. Taccio gli altri nemici e 1’ altre doglie ; Ma non la più recente e la più fera, Per cui presso alle soglie Vide la patria tua 1’ ultima sera. Beato te che il fato