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Capitolo Sesto. Usava di farsi leggere quando un libro quando un altro, per lo più di scrittore antico; e interponeva alla lettura qualche suo detto, e quasi annotazioncella a voce, sopra questo o quel passo, di mano in mano. Udendo leggere nelle Vite dei filosofi scritte da Diogene Laerzio (45), che interrogato Chilone in che differiscano gli addottrinati dagl’indotti, rispose che nelle buone speranze; disse: oggi è tutto l’opposto; perchè gl’ignoranti sperano, e i conoscenti non isperano cosa alcuna. Similmente, leggendosi nelle dette Vite (46) come Socrate affermava essere al mondo un solo bene, e questo essere la scienza; e un solo male, e questo essere P ignoranza ; disse : della scienza e dell’ ignoranza antica non so ; ma oggi io volgerei questo detto al contrario. Nello stesso libro (47) riportandosi questo dogma della setta degli Egesiaci : il sapiente, che che egli si faccia, farà ogni cosa a suo beneficio proprio ; disse : se tutti quelli che procedono in questo modo sono filosofi, oramai venga Platone, e riduca ad atto la sua repubblica in tutto il mondo civile. Commendava molto una sentenza di Bione boriste- nite, posta dal medesimo Laerzio (48) ; che i più travagliati di tutti, sono quelli che cercano le maggiori felicità. E soggiungeva che, all’incontro, i più beati sono quelli che più si possono e sogliono pascere delle minime, e anco da poi che sono passate, rivolgerle e assaporarle a bell’agio colla memoria. Recava alle varie età delle nazioni civili quel verso greco che suona : i giovani fanno, i mezzani consultano,