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DETTI MEMORABILI DI FILIPPO OTTOMERI. 21>.Ì corpo (piasi in lutto, soggiaccia necessariamente a cosa alcuna fuori che a noi medesimi. E conchiudeva, che l’uomo tutto intero, e sempre, e irrepugnabilmente, è in potestà della fortuna. Dimandato a che nascano gli uomini, rispose per ischerzo : a conoscere quanto sia più spediente il non esser nato. Capitolo Terzo. In proposito di certa disavventura occorsagli, disse: il perdere una persona amata, per via di qualche accidente repentino, o per malattia breve e rapida, non è tanto acerbo, quanto è vedersela distruggere a poco a poco ( e questo era accaduto a lui ) da una infermità lunga, dalla quale ella non sia prima estinta, che mutala di corpo e d’animo, e ridotta già quasi un’ altra da quella (li prima. Cosa pienissima di miseria: perocché in tal caso la persona amata non ti si dilegua dinanzi lasciandoti , in cambio di se, la immagine che tu ne serbi nell’ animo, non meno amabile che fosse per lo passato; ma ti restò in sugli occhi tutta diversa da quella che tu per l’addietro amavi : in modo che tutti gl’ inganni del- P amore ti sono strappati violentemente dall’ animo ; e quando ella poi ti si parte per sempre dalla presenza, quell’immagine prima, che tu avevi di lei nel pensiero, si trova essere scancellata dalla nuova. Così vieni a perdere la persona amata interamente; come quella che non ti può sopravvivere nè anche nella immaginativa; la quale, in luogo di alcuna consolazione, non ti porge altro che materia di tristezza. E in fine, queste simili disavventure non lasciano luogo alcuno di riposarsi in sul dolore che recano. Dolendosi uno di non so qual travaglio, e dicendo :