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282 DIALOGO DI FEDERICO RUYSCH moribondi, che è quanto dire estremamente attenuati di forze. Può bene esser causa di piacere : perchè il piacere non sempre è cosa viva ; anzi forse la maggior parte dei diletti umani consistono in qualche sorta di languidezza. Di modo che i sensi dell’uomo sono capaci di piacere anche presso all’ estinguersi ; atteso che spessissime volte la stessa languidezza è piacere; massime quando vi libera da patimento; poiché ben sai che la cessazione di qualunque dolore o disagio, è piacere per se medesima. Sicché il languore della morte debbe esser più grato secondo che libera l’uomo da maggior patimento. Per me, se bene nell’ora della morte non posi molta attenzione a quel che io sentiva, perchè mi era proibito dai medici di affaticare il cervello ; mi ricordo però che il senso che provai, non fu molto dissimile dal diletto che è cagionato agli uomini dal languore del sonno, nel tempo che si vengono addormentando. Gli altri morti. Anche a noi pare di ricordarci altrettanto. Ruysch. Sia come voi dite : benché tutti quelli coi quali ho avuta occasione di ragionare sopra questa materia, giudicavano molto diversamente: ma, che io mi ricordi, non allegavano la loro esperienza propria. Ora ditemi: nel tempo della morte, mentre sentivate quella dolcezza, vi credeste di morire, e che quel diletto fosse una cortesia della morte ; o pure immaginaste qualche altra cosa? Morto. Finché non fui morto, non mi persuasi mai di non avere a scampare di quel pericolo; e se non altro, fino all’ultimo punto che ebbi facoltà di pensare, sperai che mi avanzasse di vita un’ora o due: come stimo che succeda a molti, quando muoiono. Gli altri morti. A noi successe il medesimo. Ruysch. Così Cicerone (42) dice che nessuno è tal¬