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NI, OVVERO DELLA GLORIA. Nelle lettere amene non vergiamo noi quanti secoli sono stati di si perverso giudizio, che disprezzata la vera eccellenza dello scrivere, dimenticati o derisi gli ottimi scrittori antichi o nuovi, hanno amato e pregiato costantemente questo o quel modo barbaro ; tenendolo eziandio per solo convenevole e naturale ; perchè qualsivoglia consuetudine, quantunque corrotta e pessima, difficilmente si discerne dalla natura? E ciò non si trova essere avvenuto in secoli e nazioni per altro gentili e nobili? Che certezza abbiamo noi che la posterità sia per lodar sempre quei modi dello scrivere che noi lodiamo? se pure oggi si lodano quelli che sono lodevoli veramente. Certo i giudizi e le inclinazioni degli uomini circa le bellezze dello scrivere, sono mutabilissime, e varie secondo i tempi, le nature dei luoghi e dei popoli, i costumi, gli usi, le persone. Ora a questa varietà ed incostanza è forza che soggiaccia medesimamente la gloria degli scrittori. Anche più varia e mutabile si è la condizione così della filosofia come delle altre scienze : se bene al primo aspetto pare il contrario: perchè le lettere amene riguardano al bello, che pende in gran parte dalle consuetudini e dalle opinioni; le scienze al vero, eh’è immobile e non patisce cambiamento. Ma come questo vero è celato ai mortali, se non quanto i secoli ne discuoprono a poco a poco; però da una parte, sforzandosi gli uomini di conoscerlo, congetturandolo, abbracciando questa o quella apparenza in sua vece, si dividono in molte opinioni e molte sette: onde si genera nelle scienze non piccola varietà. Da altra parte, colle nuove notizie e coi nuovi quasi barlumi del vero, che si vengono acquistando di mano in mano, crescono le scienze di continuo : per la qual cosa, e perchè vi prevagliono in diversi tempi diverse opinioni, che tengono luogo di certezze, avviene che esse, poro o nulla durando in un medesimo stato,