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64 II. PARINI, OVVERO DELLA GLORIA. È sentimento, si può dire, universale, che il sapere umano debba la maggior parte del suo progresso a quegl’ingegni supremi, che sorgono di tempo in tempo, quando uno quando altro, quasi miracoli di natura. Io per lo contrario stimo che esso debba agl’ ingegni ordinari il più, agli straordinari pochissimo. Uno di questi, ponghiamo, fornito che egli ha colla dottrina lo spazio delle conoscenze de’suoi contemporanei, procede nel sapere, per dir così, dieci passi più innanzi. Ma gli altri uomini, non solo non si dispongono a seguitarlo, anzi il più delle volte, per tacere il peggio, si ridono del suo progresso. Intanto molti ingegni mediocri, forse in parte aiutandosi dei pensieri e delle scoperte di quel sommo, ma principalmente per mezzo degli studi propri, fanno congiuntamente un passo ; nel che per la brevità dello spazio, cioè per la poca novità delle sentenze, ed anche per la moltitudine di quelli che ne sono autori, in capo di qualche anno, sono seguitati universalmente. Così, procedendo, giusta il consueto, a poco a poco, e per opera ed esempio di altri intelletti mediocri, gli uomini compiono finalmente il decimo passo ; e le sentenze di quel sommo sono comunemente accettale per vere in tutte le nazioni civili. Ma esso, già spento da gran temilo, non acquista pure per tal successo una tarda e intempestiva riputazione ; parte per essere già mancata la sua memoria, o perchè l’opinione ingiusta avuta di lui mentre visse, confermata dalla lunga consuetudine, prevale a ogni altro rispetto ; parte perchè gli uomini non sono venuti a questo grado di cognizioni per opera sua ; e parte perchè già nel sapere gli sono uguali, presto lo sormonteranno, e forse gli sono superiori anche al presente, per essersi potute colla lunghezza del tempo dimostrare e dichiarare meglio le verità immaginate da lui, ridurre le sue congetture a certezza, dare ordine e