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202 IL PABIM, OVVERO DELLA GLORIA. Capitolo Ottavo. Se poi (come non è cosa alcuna che io non mi possa promettere di cotesto ingegno ) tu salissi col sapere e colla meditazione a tanta altezza, che ti fosse dato, come fu a qualche eletto spirito, di scoprire alcuna principalissima verità, non solo stata prima incognita in ogni tempo, ma rimota al tutto dall’ espettazione degli uomini, e al tutto diversa o contraria alle opinioni presenti, anco dei saggi; non pensar di avere a raccorre in tua vita da questo discoprimento alcuna lode non volgare. Anzi non ti sarà data lode, nè anche da’ sapienti ( eccettuato forse una loro menoma parte), finché ripetute quelle medesime verità, ora da uno ora da altro, a poco a poco e con lunghezza di tempo, gli uomini vi assuefacciano prima gli orecchi e poi l’intelletto. Perocché niuna verità nuova, e del tutto aliena dai giudizi correnti ; quando bene dal primo che se ne avvide, fosse dimostrata con evidenza e certezza conforme o simile alla geomètrica ; non fu mai potuta, se pure le dimostrazioni non furono materiali, introdurre e stabilire nel mondo subitamente ; ma solo in corso di tempo, mediante la consuetudine e l’esempio : assuefacendosi gli uomini al crédere come ad ogni altra cosa ; anzi credendo generalmente per assuefazione, non per certezza di prove concepita nel- l’animo : tanto che in fine essa verità, cominciata a insegnare ai fanciulli, fu accettata comunemente, ricordata con maraviglia l’ignoranza della medesima, e derise le sentenze diverse o negli antenati o nei presenti. Ma ciò con tanto maggiore difficoltà e lunghezza, quanto queste sì fatte verità nuove e incredibili, furono maggiori e più capitali, e quindi sovvertitrici di maggior numero di opinioni radicate negli animi. Nè anche gl’intelletti