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IL PASINI, OVVERO DELLA GLORIA. mo, è buon giudice degli scritti che hanno a muovere il cuore o l’immaginativa. Lascio la sazietà dei diletti provati poco prima in altre letture tali ; e le passioni, più o meno forti, che sopravvengono ad ora ad ora ; le quali bene spesso tenendo in gran parte occupato l’animo, non lasciano luogo ai movimenti che in altra occasione vi sarebbero eccitati dalle cose lette. Così, per le stesse o simili cause, spesse volte veggiamo che quei medesimi luoghi, quegli spettacoli naturali o di qualsivoglia genere, quelle musiche, e cento sì fatte cose, che in altri tempi ci commossero, o sarebbero state atte a commuoverci se le avessimo vedute o udite ; ora vedendole e ascoltandole, non ci commuovono punto, nè ci dilettano ; e non perciò sono men belle o meno efficaci in se, che fossero allora. Ma quando, per qualunque delle dette cagioni, l’uomo è mal disposto agli effetti dell’ eloquenza e della poesia, non lascia egli nondimeno nè differisce il far giudizio dei libri attenenti all’un genere o all’altro, che gli accade di leggere allora la prima volta. A me interviene non di rado di ripigliare nelle mani Omero o Cicerone o il Petrarca, e non sentirmi muovere da quella lettura in alcun modo. Tuttavia, come già consapevole e certo della bontà di scrittori tali, sì per la fama antica, e sì per l’esperienza delle dolcezze cagionatemi da loro altre volte ; non fo per quella presente insipidezza, alcun pensiero contrario alla loro lode. Ma negli scritti che si leggono la prima volta, e che per essere nuovi, non hanno ancora potuto levare il grido, o confermarselo in guisa, che non resti luogo a dubitare del loro pregio ; niuna cosa vieta che il lettore, giudicandoli dall’effetto che fanno presentemente nell’animo proprio, ed esso animo non trovandosi in disposizione da ricevere i sentimenti e le immagini volute da chi scrisse, faccia pie-