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IL PARINI, OVVRRO DELLA GLORIA. 217 Capitolo Terzo. Si è veduto già quanto pochi avranno facoltà di ammirarti quando sarai giunto a quell’eccellenza che ti proponi. Ora avverti che più d’un impedimento si può frapporre anco a questi pochi, che non facciano degno concetto del tuo valore, benché ne veggano i segni. Non è dubbio alcuno, che gli scritti eloquenti o poetici, di qualsivoglia sorta, non tanto si giudicano dalle loro qualità in se medesime, quanto dall’effetto che essi fanno nell’ animo di chi legge. In modo che il lettore nel farne giudizio, li considera più, per così dire, in se proprio, che in loro stessi. Di qui nasce, che gli uomini naturalmente tardi e freddi di cuore e d’immaginazione, ancorché dotati di buon discorso, di molto acume d’ingegno , e di dottrina non mediocre, sono quasi al tutto inabili a sentenziare convenientemente sopra tali scritti ; non potendo in parte alcuna immedesimare l’animo proprio con quello dello scrittore ; e ordinariamente dentro di se li disprezzano; perchè leggendoli, e conoscendoli ancora per famosissimi, non iscuoprono la càusa della loro fama ; come quelli a cui non perviene da lettura tale alcun moto, alcun’immagine, e quindi alcun diletto notabile. Ora, a quegli stessi che da natura sono disposti e pronti a ricevere e a rinnovellare in se qualunque immagine o afletto saputo acconciamente esprimere dagli scrittori, intervengono moltissimi tempi di freddezza, noncuranza, languidezza d’animo, impenetrabilità, e disposizione tale, che, mentre dura, li rende o conformi o simili agli altri detti dianzi; e ciò per diversissime cause, intrinseche o estrinseche, appartenenti allo spirito o al corpo, transitorie o durevoli. In questi cotali tempi, ninno, se ben fosse per altro uno scrittore som248