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2JI DIALOGO DI TORQUATO TASSO E DEL SUO GEMO FAMILIARE (27). Genio. Come stai, Torquato? Tasso. Ben sai come si può stare in una prigione, e dentro ai guai (ino al collo. Genio. Via, ma dopo cenato non è tempo da dolersene. Fa buon animo, e ridiamone insieme. Tasso. Ci son poco atto. Ma la tua presenza e le tue parole sempre mi consolano. Siedimi qui accanto. Genio. Che io segga? La non è giù cosa facile a uno spirito. Ma ecco : fa conto eh’ io sto seduto. Tasso. Oh potess’ io rivedere la mia Leonora. Ogni volta che ella mi torna alla mente, mi nasce un brivido di gioia, che dalla cima del capo mi si stende fino al- l’ultima punta de’ piedi ; e non resta in me nervo nè vena che non sia scossa. Talora, pensando a lei, mi si ravvivano nell’animo certe immagini e certi alfetti, tali, che per quel poco tempo, mi pare di essere ancora quello stesso Torquato che fui prima di aver fatto esperienza delle sciagure e degli uomini, e che ora io piango tante volte per morto. In vero, io direi che l’uso del mondo, e l’esercizio de’ patimenti, sogliono come profondare e sopire dentro a ciascuno di noi quel primo uomo che egli era : il quale di tratto in tratto si desta per poco spazio, ina tanto più di rado quanto è il progresso degli anni ; sempre più poi si ritira verso il nolo- 222 DIALOGO