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208 LA SCOMMESSA DI PROMETEO. non fosse per avere di quando in quando de’ loro figliuoli, e mangiarli? Ma invecchiati che saranno, io me li mangerò anche loro a uno a uno, se io campo (17). Prometeo. Dimmi: cotesti schiavi sono della tua nazione medesima, o di qualche altra? Selvaggio. D’un’ altra. Prometeo. Molto lontana di qua? Selvaggio. Lontanissima: tanto che tra le loro case e le nostre, ci correva un rigagnolo. E additando un collicello, soggiunse : ecco là il sito dov’ella era; ma i nostri l’hanno distrutta (18). In questo parve a Prometeo che non so quanti di coloro 10 stessero mirando con una cotal guardatura amorevole, come è quella che fa il gatto al topo: sicché, per non essere mangiato dalle sue proprie fatture, si levò subito a volo; e seco similmente Momo: e fu tanto il timore che ebbero l’uno e l’altro, che nel partirsi corruppero i cibi dei barbari con quella sorta d’immondizia che le arpie sgorgarono per invidia sulle mense troiane. Ma coloro, più famelici e meno schivi de’ compagni di Enea, seguitarono il loro pastoie Prometeo, malissimo soddisfatto del mondo nuovo, si volse incontanente al più vecchio, voglio dire all’Asia : e trascorso quasi in un subito P intervallo che è tra le nuove e le antiche Indie, scesero ambedue presso ad Agra in un campo pieno d’infinito popolo, adunato intorno a una fossa colma di legne: sull’orlo della quale, da un lato, si vedevano alcuni con torchi accesi, in procinto di porle 11 fuoco; e da altro lato, sopra un palco, una donna giovane, coperta di vesti suntuosissime, e di ogni qualità di ornamenti barbarici, la quale danzando e vociferando, faceva segno di grandissima allegrezza. Prometeo vedendo questo, immaginava seco stesso una nuova Lucrezia o nuova Virginia, o qualche emulatrice delle