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LA SCOMMESSA DI PROMETEO. 207 cento altre qualità di animali terrestri e volatili, che andavano per quei dintorni. In fine, scendendo a una valle immensa, scoprirono, come a dire, un piccolo mucchio di case o capanne di legno, coperte di foglie di palma, e circondata ognuna da un chiuso a maniera di steccato: dinanzi a una delle quali stavano molte persone, parte in piedi, parte sedute, dintorno a un vaso di terra posto a un gran fuoco. Si accostarono i due celesti, presa forma umana; e Prometeo, salutati tutti cortesemente, volgendosi a uno che accennava di essere il principale, interrogollo: che si fa? V: Selvaggio. Si mangia, come vedi. Prometeo. Che buone vivande avete? Selvaggio. Questo poco di carne. Prometeo. Carne domestica o salvatica? Selvaggio. Domestica, anzi del mio figliuolo. Prometeo. Hai tu per figliuolo un vitello, come ebbe Pasifae? Selvaggio. Non un vitello ma un uomo, come ebbero tutti gli altri. Prometeo. Dici tu da senno? mangi tu la tua carne propria? Selvaggio. La mia propria no, ma ben quella di costui: che per questo solo uso io l’ho messo al mondo, e preso cura di nutrirlo. Prometeo. Per uso di mangiartelo? Selvaggio. Che maraviglia? E la madre ancora, che già non debbe esser buona da fare altri figliuoli, penso di mangiarla presto. Momo. Comesi mangia la gallina dopo mangiate le uova. Selvaggio. E l’altre donne che io tengo, come sieno fatte inutili a partorire, le mangerò similmente. E questi miei schiavi che vedete, forse che li terrei vivi, se