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XVI INTORNO AGLI SCRITTI, ALLA VITA ED AI COSTUMI mente greco, del quale fu finta darsi la sola versione e le note; così nel 26 il Cesari tolse per antico e vero testo di lingua il Volgarizzamento del Martirio de’santi padri. Ma la forma vera e spontanea in cui quel prodigioso ingegno si manifestò, e nella quale noi dobbiamo veramente studiarlo, fu la lingua italiana odierna. In questa egli sciolse 1’ antico problema di dire tutto puramente e potentemente; e mostrò che il grande scrittore dee e può essere giusto sovrano e non oppresso suddito della lingua. Mai nessun linguaggio umano non ubbidì più spontaneamente a nessun uomo di quel che la nostra lingua ubbidisse a questo inimitabile scrittore. Forte ed avventalo nei primi sdegni concitati in lui da quel dolore ch’egli sentiva palpitare non meno nella sua propria vita che nell’uni versale, fiero e terribile nella disperazione che gliene seguì, grave ed ineffabilmente semplicissimo nel sopore della stanca rassegnazione eh’ ultimamente lo invase, il suo stile rappresentò a un tempo la varietà, 1’ unità e la perfezione dell’universo, disse tutto in tutti i modi in cui poteva essere detto, e fu grande e vivo esempio che la parola umana è, se può arrischiarsi il vocabolo, la sintesi del mondo, e si arresta solo nel confine che separa il mondo dall’infinito. Oltre a cosi potenti cagioni, l’incanto che il suo stile operava o in versi o in prosa, consisteva nella perfezione della proprietà e dell’ ordinamento delle parole. Egli ritrasse l’artifizio dal cinquecento, la semplicità dal trecento e l’essere proprio e particolare del suo stile, prima dai greci, sommo esempio di perfetto, e poi dal suo secolo c da se stesso, onde l’uomo dee ritrarre innanzi tutto. E non ostanti i suoi sterminati