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170 DIALOGO DELLA MODA K DELLA MORTE. Moda. Io sono la Moda, tua sorella. Morte. Mia sorella1? '-.:ìv.-o Moda. Sì: non ti ricordi che tutte e due siamo nate daH» Gaéncità:s » UW à Morte. Che m’ho a ricordare io, che sono nemica capitale della memoria. Moda. Ma io me ne ricordo bene; e so che l’una e l’altra tiriamo parimente a disfare e a rimutare di continuo le cose di quaggiù, benché tu vadi a questo effetto per una strada e io per un’altra. Morie. In caso che tu non parli col tuo pensiero o con persona che tu abbi dentro alla strozza, alfea più la voce e scolpisci meglio le parole; che se mi tai borbottando tra’ denti con quella vocina da ragnatele, io t’intenderò domani, perchè l’udito, se non sai, non mi serve meglio che la vista. Moda. Benché sia contrario alla costumatezza, c in Francia non si usi di parlare per essere uditi * pure perchè siamo sorelle, e tra noi possiamo fare senza troppi rispetti, parlerò come tu vuoi. Dico che la nostra natura e usanza comune è di rinnovare continuamente il mondo ; ma tu fino da principio ti gittasti alle persone e al sangue; io mi contento per Io più delle barbe, dei capelli, degli abiti, delle masserizie, dei palazzi e di cose tali. Ben è vero che io non sono però mancata « non manco di fare parecchi giuochi da paragonare ai tuoi, come verbigrazia sforacchiare quando orecchi, quando labbra e nasi, e stracciarli colle bazzecole che io v’ appicco per li fori ; abbruciacchiare le carni degli uomini con istampe roventi che io fo che essi v’ improntino per bellezza; formare le teste dei bambini con fasciatore e altri ingegni, mettendo per costfume che tutti gli uomini del paese abbiano a portare il capo di una figura, come ho fiuto in America e in Asia (5); stor¬