Pagina:Leopardi - Opere I, Le Monnier, Firenze 1845.djvu/196

STORIA DEL GENERE UMANO. di quaggiù quei vaghi fantasmi che egli vi avea collocati, farla perpetua moderatrice e signora della gente umana. E maravigliandosi gli altri Dei di questo consiglio, come quelli ai quali pareva che egli avesse a ridondare in troppo innalzamento dello stato nostro e in pregiudizio della loro maggioranza, Giove li rimosse da questo concetto mostrando loro, oltre che non tutti i geni, eziandio grandi, sono di proprietà benefici, non essere tale l’ingegno della Verità, che ella dovesse fare gli stessi effetti negli uomini che negli Dei. Perocché laddove agl’ immortali ella dimostrava la loro beatitudine, discoprirebbe agli uomini interamente e proporrebbe ai medesimi del continuo dinanzi agli occhi la loro infelicità ; rappresentandola oltre a questo, non come opera solamente della fortuna, ma come tale che per niuno accidente e niuno rimedio non la possano campare, nè mai, vivendo, interrompere. Ed avendo la più parte dei loro mali questa natura, che in tanto sieno mali in quanto sono creduti essere da chi li sostiene, e più o meno gravi secondo che esso gli stima ; si può giudicare di quanto grandissimo nocumento sia per essere agli uomini la presenza di questo genio. Ai quali niuna cosa apparirà maggiormente vera che la falsità di tutti i beni mortali ; e niuna solida, se non la vanità di ogni cosa fuorché dei propri dolori. Per queste cagioni saranno eziandio privati della speranza ; colla quale dal principio insino al presente, più che con altro diletto o conforto alcuno, sostentarono la vita. E nulla sperando , nè veggendo alle imprese e fatiche loro alcun degno fine, verranno in tale negligenza ed abbonimento da ogni opera industriosa, non che magnanima, che la colmine usanza dei vivi sarà poco dissomigliante da quella dei sepolti. Ma in questa disperazione e lentezza non