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130 NOTE. Pag. 7. (1) Il successo delle Termopile fu celebralo veramente da quello che in essa canzone s’introduce a poetare, cioè da Simonide; tenuto dall’an* ticliità fra gli ottimi poeti lirici» vissuto, che più rileva, ai medesimi tempi della scésa di Serse, e greco di patria. Questo suo fatto, lasciando l'epitaffio ri* portato da Cicerone e da altri, si dimostra da quello che scrive Diodoro nel* l’undecimo libro, dove recita anche certe parole di esso poeta in questo proposito, due o tre delle quali sono espresse nel quinto verso dell'ultima strofe. Rispetto dunque alle predette circostanze del tempo e della persona, e d'altra parte riguardando alle qualità della materia per se medesima, io non credo che mai si trovasse argomento più degno di poema lirico, nè più fortunato di questo che fu scelto, o più veramente sortito, da Simonide. Perocché se 1' impresa delle Termopile fa tanta forza a noi che siamo stranieri verso quelli che l’operarono, e con tutto questo non possiamo tenere le lacrime a leggerla semplicemente come passasse, e ventitré secoli dopo ch'ella è seguita ; abbiamo a far congettura di quello che la sua ricordanza dovesse potere in un Greco, e poeta, e dei principali, avendo veduto il fatto, si può dire, cogli occhi propri, andando per le stesse città vincitrici di un esercito molto maggiore di quanti altri si ricorda la storia d'Europa, venendo a parte delle feste, delle maraviglie , del fervore di tutta un' eccellentissima nazione, fatta anche più magnanima della sua natura dalla coscienza della gloria acquistata, e dall' emulazione di tanta virtù dimostrata pur dianzi dai suoi. Per queste consideràzioni, riputando a molta disavventura che le cose scritte da Simonide in quella occorrenza, fossero perdute, non ch'io presumessi di riparare a questo danno, ma come per ingannare il desiderio, procurai di rappresentarmi alla mente le disposizioni dell’ animo del poeta in quel tempo, e con questo mezzo, salva la disuguaglianza degl’ ingegni, tornare a fare il suo canloj del quale io porto questo parere, che o fosse maraviglioso, o la fama di Simonide fosse vana, e gli scritti perissero con poca ingiuria. Lettera a Vincenzo Monti premessa alle edizioni di Roma e di Bologna. Pag. 17. (2) Di questa fama divulgata anticamente, che in Ispagna e in Portogallo, quando il sole tramontava, si udisse di mezzo all’Oceano uno stridore simile a quello che fanno i carboni accesi, o un ferro rovente, quando è lullato nell’acqua, vedi Cleomede Circular. doctrin. de sublim. 1. 2. c. 1. ed. Balte, Lugd. Bat. 1820. p. 109. seq. Strabono I. 3. ed. Amstel. 1707. p. 202. B. Giovenale Sat. 14. v. 279. Stazio Silv. 1. 2. Gcncthl. Lucani v. 24. seqq. ed Ausonio Epist. 18. v. 2. Floro 1. 2. c. 17. parlando delle cose fatte da Decimo Bruto in Portogallo: peragratoque victor Oceani litore,