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FRAMMENTI. Un nugol torbo, padre di procella, Sorgea di dietro ai monti, e crescea tanto, Che più non si scopria luna nè stella. Spiegarsi ella il vedea per ogni canto, E salir su per 1’ aria a poco a poco, E far sovra il suo capo a quella ammanto. Veniva il poco lume ognor più fioco; E intanto al bosco si destava il vento, Al bosco là del dilettoso loco. E si fea più gagliardo ogni momento. Tal che a forza era desto e svolazzava Tra le frondi ogni augel per lo spavento. E la nube, crescendo, in giù calava Ver la marina si, che l’un suo lembo Toccava i monti, e I’ altro il mar toccava. Già lutto a cieca oscuritade in grembo, S’incominciava udir fremer la pioggia, E il suon cresceva all’ appressar del nembo. Dentro le nubi in paurosa foggia Guizzavan lampi, e la fean batter gli occhi; E n’ era il terren tristo, e l’aria roggia. Discior senlia la misera i ginocchi; E già muggiva il tuon simile al metro Di torrente che d’ allo in giù trabocchi. Talvolta ella ristava, e 1’ aer tetro Guardava sbigottita, e poi correa, Si che i panni e le chiome ivano addietro. E il duro vento col petto rompea, Che gocce fredde giù per l’aria nera In sul volto soffiando le spingea. E il tuon veniale incontro come fera, Rugghiando orribilmente e senza posa ; E cresceva la pioggia e la bufera. E d’ ogni intorno era lerribil cosa 11 volar polve e frondi e rami e sassi, E il suon che immaginar 1’ alma non osa. Ella dal lampo affaticali e lassi Coprendo gli occhi, e stretti i panni al seno