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LA GINESTRA. E sono immense in gnisa Che un punto a petto a lor son terra e mare Veracemente; a cui L* uomo non pur, ma questo . ,£fcbo ove 1’ uomo è nulla, Sconosciuto è del tutto ; e quando miro Quegli ancor più senz’alcun fin remoti Nodi quasi di stelle, Ch’a noi paion qual nebbia, a cui non l’uomo E non la terra sol, ma tutte in uno, Del numero infinite e della mole, Con 1’ aureo sole insiem, le nostre stelle O sono ignote, o cosi paion come Essi alla terra, un punto Di luce nebulosa; al pensier mio Che sembri allora, o prole Dell’uomo? E rimembrando Il tuo stato quaggiù, di cui fa segno Il suol ch’io premo; e poi dall’altra parte. Che le signora e fine Credi tu data al Tutto, e quante volte Favoleggiar ti piacque, in questo oscuro Granel di sabbia, il qual di terra ha nome, Per tua cagion, dell’ universe cose Scender gli autori, e conversar sovente Co’ tuoi piacevolmente ; e che i derisi Sogni rinnovellando, ai saggi insulta Fin la presente età, che in conoscenza Ed in civil costume Sembra tutte avanzar; qual molo allora, Mortai prole infelice, o qual pensiero Verso le finalmente il cor m’ assale? Non so se il riso o la pietà prevale. Come d’arbor cadendo un picciol pomo, Cui là nel tardo autunno Maturità senz’altra forza atterra, D’un popol di formiche i dolci alberghi Cavali in molle gleba