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LA GINESTRA. Non fa risibil mostra ; Ma se di forza e di tesor mendico Lascia parer senza vergogna, e noma Parlando, apertamente, e di sue cose Fa stima al vero uguale. Magnanimo animale Non credo io già, ma stolto Quel che, nato a perir, nutrito in pene, Dice, a goder son fatto, E di fetido orgoglio Empie le carte, eccelsi fati e nove Felicità, quali il ciel tutto ignora, Non pur quest’orbe, promettendo in ferra A popoli che un’ onda Di mar commosso, un fiato D’aura maligna, un sotterraneo crollo Distrugge sì, eh’ avanza A gran pena di lor la rimembranza. Nobil natura è quella Ch’ a sollevar s’ardisce Gli occhi mortali incontra Al comun fato, e che con franca lingua, Nulla al ver detraendo, Confessa il mal che ci fu dato in sorte, E il basso stato e frale ; Quella Che grande e forte Mostra se nel soffrir, nè gli odii e l’ire Fraterne, ancor più gravi D’ogni altro danno, accresce Alle miserie sue, l’uomo incolpando Del suo dolor, ma dà la colpa a quella Che veramente è rea, che de’ mortali È madre in parto ed in voler matrigna. Costei chiama inimica; e incontro a questa Congiunta esser pensando, Siccom’è il vero, ed ordinata in pria L’umana compagnia, ••Tutti fra se confederati estima