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IL TRAMONTO DELLA LUNA. 117 Abbandonata, oscura Resta la vita. In lei porgendo il guardo, Cerca il confuso vialore invano JDel caramin lungo che avanzar si sente Mela o ragione; e vede Ch’a se I’ umana sede, Esso a lei veramente è fatto estrano. Troppo felice e liela Nostra misera sorte Parve lassù, se il giovanile stalo, Dove ogni ben di mille pene è frutto, Durasse tutto della vita il corso. Troppo mite decrelo Quel che sentenzia ogni animale a morte, S’anco mezza la via Lor non si desse in pria Della terribil morte assai più dura. D’intelletti immortali Degno trovalo, estremo Di tulli i mali, ritrovàr gli eterni La vecchiezza, ove fosse Incolume il desio, la speme estinta, Secche le fonti del piacer, le pene Maggiori sempre, e non più dato il bene. Voi, collinelle e piagge, Caduto Io splendor che all’ occidente Inargentava della nolte il velo, Orfane ancor gran tempo Non resterete, che dall’altra parte Tosto vedrete il cielo Imbiancar novamenle, e sorger 1’ alba : Alla qual poscia seguitando il sole, E folgorando intorno Con sue fiamme possenli, Di lucidi lorrenli Inonderà con voi gli eterei campi. Ma la vita mortai, poi che la bella Giovinezza spari, non si colora