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112 PALINODIA. La levatrice ! a cui veder s’aspetta Quei sospirali di, quando per lunghi Studi fia nolo, e imprenderà col latte Dalla cara nutrice ogni fanciullo, Quanto peso di sai, quanto di carni, E quante moggia di farina inghiolta Il patrio borgo in ciascun mese; e quanti In ciascun anno partoriti e morti Scriva il vecchio prior: quando, per opra Di possente vapore, a milioni Impresse in un secondo, il piano e il poggio, E credo anco del mar gl’ immensi tratti, Come d’aeree gru stuol che repente Alle late campagne il giorno involi, Copriran le gazzette, animo e vita Dell’ universo, e di savere a questa Ed alle età venture unica fonte! Quale un fanciullo, con assidua cura, Di fogliolini e di fuscelli, in forma O di tempio o di torre o di palazzo, Un edificio innalza; e come prima Fornito il mira, ad atterrarlo è volto, Perchè gli stessi a lui fuscelli e fogli Per novo lavorio son di mestieri; Cosi natura ogni opra sua, quantunque D’allo artificio a contemplar, non prima Vede perfetta, eh*a disfarla imprende, Le parti sciolte dispensando altrove. E indarno a preservar se stesso ed altro Dal gioco reo, la cui ragion gli è chiusa Eternamente, il mortai seme accorre Mille virtudi oprando in mille guise Con dotta man: che, d’ogni sforzo in onta, La natura crudel, fanciullo invitto, 11 suo capriccio adempie, e senza posa Distruggendo e formando si trastulla. Indi varia, infinita una famiglia Di mali immedicabili e di pene