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PALINODIA. 109 Stalo e il valor delle terrene cose, E lotto fiori il corso umano, e vidi Come nulla quaggiù dispiace e dura. Nè men conobbi ancor gli studi e l’opre Stupende, e il senno, e le virludi, e l’alto Saver del secol mio. Nè vidi meno Da Marrocco al Calai, dall’ Orse al Nilo, E da Boslon a Goa, correr dell’ alma Felicità su l’orme a gara ansando Regni, imperi e ducati; e già tenerla 0 per le chiome fluttuanti, o certo Per l’estremo del boa (11). Cosi vedendo, E meditando sovra i larghi fogli Profondamente, del mio grave, antico Errore, e di me slesso, ebbi vergogna. Aureo secolo ornai volgono, o Gino, 1 fusi delle Parche. Ogni giornale, Gener vario di lingue e di colonne, Da tutti i lidi lo promette al mondo Concordemente. Universale amore, Ferrate vie, molliplici commerci, Vapor, tipi e choléra i più divisi Popoli e climi stringeranno insieme : Nè meraviglia fia se pino o quercia Suderà lalle e mele, o s’anco al suono D’un walser danzerà. Tanto la possa Infin qui de’lambicchi e delle storte, E le macchine al cielo emulatrici Crebbero, e tanto cresceranno al tempo Che seguirà; poiché di meglio in meglio Senza fin vola e volerà mai sempre Di Sem, di Cam e di Giapeto il seme. Ghiande non ciberà certo la terra Però, se fame non la sforza: il duro Ferro non deporrà. Ben molle volle Argento ed or disprezzerà, contenta A polizze di cambio. E già dal caro Sangue de’ suoi non asterrà la mano LEOPARDI. — 1. 10