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100 ASPASIA. Che tu l’intenda. In simil guisa ignora Esecutor di musici concenti Quel eh’ ei con mano e con la voce adopra In chi 1’ ascolta. Or quell’ Aspasia è morta Che tanto amai. Giace per sempre, oggetto Della mia vita un di: se non se quanto, Pur come cara larva, ad ora ad ora Tornar costuma e disparir. Tu vivi, Bella non solo ancor, ma bella tanto, Al parer mio, che tutte 1’ altre avanzi. Pur quell’ ardor che da te nacque è spento: Perch’ io te non amai, ma quella Diva Che già vita, or sepolcro, ha nel mio core. Quella adorai gran tempo; e si mi piacque Sua celeste beltà, eh’ io, per insino Già dal principio conoscente e chiaro Dell’esser tuo, dell’arti e delle frodi, Pur ne’ tuoi contemplando i suoi begli occhi, Cupido ti seguii finch’ella visse, Ingannato non già, ma dal piacere Di quella dolce somiglianza un lungo Servaggio ed aspro a tollerar condotto. Or ti vanta, che il puoi. Narra che sola Sei del tuo sesso a cui piegar sostenni L’altero capo, a cui spontaneo porsi L’indomito mio cor. Narra che prima, E spero ultima certo, il ciglio mio SupplichevoI vedesti, a te dinanzi Me timido, tremante (ardo in ridirlo Di sdegno e di rossor), me di me privo, Ogni tua voglia, ogni parola, ogni alto Spiar sommessamente, a’ tuoi superbi Fastidi impallidir, brillare in volto Ad un segno cortese, ad ogni sguardo Mutar Torma e color. Cadde l’incanto, E spezzalo con esso, a terra sparso Il giogo: onde m' allegro. E sebben pieni Di tedio, alfin dopo il servire e dopo