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CANTO NOTTURNO Che degli eterni giri, Che dell’esser mio frale, Qualche bene e contento Avrà fors’altri; a me la vita è male. 0 greggia mia che posi, oh te beala, Che la miseria tua, credo, non sai! Quanta invidia ti porto! Non sol perchè d’ affanno Quasi libera vai ; . Ch’ogni stento, ogni danno, Ogni estremo timor subito scordi; Ma più perchè giammai tedio non provi. Quando tu siedi all’ ombra, sovra l’erbe, Tu se’ queta e contenta; E gran parte dell’ anno Senza noia consumi in quello stato. Ed io pur seggo sovra 1’ erbe, all’ ombra, E un fastidio m’ingombra La mente, ed uno spron quasi mi punge Si che, sedendo, più che mai son lunge Da trovar pace o loco. E pur nulla non bramo, E non ho Tino a qui cagion di pianto. Quel che tu goda o quanto, Non so già dir ; ma fortunata sei. Ed io godo ancor poco, O greggia mia, nè di ciò sol mi lagno. Se tu parlar sapessi, io chiederei : Dimmi: perchè giacendo A bell’ agio, ozioso, S’appaga ogni animale; Me, s’io giaccio in riposo, il tedio assale (10) Forse s’ avess’ io l’ale . Da volar su le nubi, E noverar le stelle ad una ad una, O come il tuono errar di giogo in giogo, Più felice sarei, dolce mia greggia, Più felice sarei, candida luna.