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PASTORE ERRANTE DELI.’aSIÀ. Questo viver terreno, II patir nostro, il sospirar, che sia; Che sia questo morir, questo supremo Scolorar del sembiante, E perir dalla terra, e venir meno Ad ogni usala, amante compagnia. E tu certo comprendi Il perchè delle cose, e vedi il frutto Del mattin, della sera, Del tacito, infinito andar del tempo. Tu sai, tu certo, a qual suo dolce amore Rida la primavera, A chi giovi l’ardore, e che procacci Il verno co’ suoi ghiacci. Mille cose sai tu, mille discopri, Che son celate al semplice pastore. Spesso quand’ io ti miro Star così muta in sul deserto piano, Che, in suo giro lontano, al ciel confina; Ovver con la mia greggia Seguirmi viaggiando a mano a mano; E quando miro in cielo arder le stelle; Dico fra me pensando : A che tante facelle? Che fa l’aria infinita, e quel profondo Infinito seren? che vuol dir questa Solitudine immensa? ed io che sono? Cosi meco ragiono: e della stanza Smisurata e superba, E dell’innumerabile famiglia; Poi di tanto adoprar, di tanti moti D’ogni ceiosie, ogni terrena cosa, Girando senza posa, Per tornar sempre là donde son mosse; Uso alcuno, alcun frutto Indovinar non so. Ma tu per certo, Giovinclta immorlal, conosci il tutto. Questo io conosco e sento,