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LE RICORDANZE. Onci’ eri usala favellarmi, ed onde Mesto riluce delle stelle il raggio, È deserta. Ove sei, che più non odo La tua voce sonar, siccome un giorno, Quando soleva ogni lontano accento Del labbro luo, eh’a me giungesse, il vollo Scolorarmi? Altro tempo. 1 giorni tuoi Furo, mio dolce amor. Passasti. Ad altri Il passar per la lerra oggi è sortilo, E l’abitar questi odorati colli. Ma rapida passasti; e come un sogno Fu la tua vita. Ivi danzando; in fronte La gioia ti splendea, splendea negli occhi Quel confidente immaginar, quel lume Di gioventù, quando spegneali il fato, E giacevi. Ahi Nerina! In cor mi regna L’ antico amor. Se a feste anco talvolta, Se a radunanze io movo, infra me stesso Dico: o Nerina, a radunanze, a feste Tu non ti acconci più, tu più non movi. Se torna maggio, e ramoscelli e suoni Van gli amanti recando alle fanciulle, Dico: Nerina mia, per te non torna Primavera giammai, non torna amore. Ogni giorno sereno, ogni fiorita Piaggia ch’io miro, ogni goder ch’io senio. Dico: Nerina or più non gode; i campi, L’aria non mira. Ahi tu passasti, elerno Sospiro mio: passasti: e fi a compagna D’ogni mio vago immaginar, di tulli I miei teneri sensi, i tristi e cari Moli del cor, la rimembranza acerba.