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62 XIX. AL CONTE CABLO PEPOLI. Questo affannoso e travaglialo sonno Che noi vita noraiam, come sopporti, Pepoli mio? di ohe speranze il core Vai sostentando? in che pensieri, in quanto 0 gioconde o moleste opre dispensi L’ ozio che ti lasciàr gli avi remoti, Grave retaggio e faticoso? È tutta, In ogni umano stalo, ozio la vita, Se quell’ oprar, quel procurar che a degno Obbietto non intende, o che all’ intento Giunger mai non potria, ben si conviene Ozioso nomar. La schiera industre Cui franger glebe o curar piante e greggi Vede l’alba tranquilla e vede il vespro, Se oziosa dirai, da che sua vita È per campar la vita, e per se sola La vita all’ uom non ha pregio nessuno, Dritto e vero dirai. Le notti e i giorni Tragge in ozio il nocchiero; ozio il perenne Sudar nelle officine, ozio le vegghie Son de’ guerrieri e il perigliar nell’ armi; E il mercatante avaro in ozio vive: Che non a se, non ad altrui, la bella Felicità, cui solo agogna e cerca La natura mortai, veruno acquista Per cura o per sudor, vegghia o periglio. Pure all’ aspro desire onde i mortali Già sempre infin dal di che il mondo nacque