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ALLA SUA DONNA. Seguir loda e virtù qual ne’ prim’ anni L’amor tuo mi farebbe. Or non aggiunse Il ciel nullo conforto ai nostri affanni; E teco la mortai vita saria Simile a quella che nel cielo india. Per le valli, ove suona Del faticoso agricoltore il canto, Ed io seggo e mi lagno Del giovanile error che m'abbandona; E per li poggi, ov’ io rimembro e piagno I perduti desiri, e la perduta Speme de’ giorni miei; di te pensando, A palpitar mi sveglio. E poless’ io, Nel secol tetro e in questo aer nefando, L’alta specie serbar; che dell’imago, Poi che del ver m’è tolto, assai m* appago. Se dell’ eterne idee L’una sei tu, cui di sensibil forma Sdegni l’eterno senno esser vestita, E fra caduche spoglie Provar gli affanni di funerea vita; 0 s’ altra terra ne’ superni giri Fra’mondi innumerabili t’ accoglie, E più vaga del Sol prossima stella T’irraggia, e più benigno etere spiri; Di qua dove son gli anni infausti e brevi, Queslo d’ignoto amante inno ricevi. £»