che mi muove a voler mutare lo stato presente delle cose: solo è l’amor della quiete, o per dir più proprio, la pigrizia. In maniera che dell’avere uguali o non averne, e di essere nel primo luogo o nell’ultimo, io non mi curo molto: perchè, diversamente da Cicerone, ho riguardo più all’ozio che alla dignità.
- Copernico
- Cotesto ozio, illustrissimo, io per la parte mia, il meglio che io possa, m’ingegnerò di acquistarvelo. Ma dubito, anche riuscendo la intenzione, che esso non vi durerà gran tempo. E prima, io sono quasi certo che non passeranno molti anni, che voi sarete costretto di andarvi aggirando come una carrucola da pozzo, o come una macina; senza mutar luogo però. Poi, sto con qualche sospetto che pure alla fine, in termine di più o men tempo, vi convenga anco tornare a correre: io non dico, intorno alla Terra; ma che monta a voi questo? e forse che quello stesso aggirarvi che voi farete, servirà di argomento per farvi anco andare. Basta, sia quello che si voglia; non ostante ogni malagevolezza e ogni altra considerazione, se voi perseverate nel proposito vostro, io proverò di servirvi; acciocchè, se la cosa non mi verrà fatta, voi pensiate ch’io non ho potuto, e non diciate che io sono di poco animo.
- Sole
- Bene sta, Copernico mio: prova.
- Copernico
- Ci resterebbe una certa difficoltà solamente.
- Sole
- Via, qual è?
- Copernico
- Che io non vorrei, per questo fatto, essere abbruciato vivo, a uso della fenice: perchè accadendo questo, io sono sicuro di non avere a risuscitare dalle mie ceneri come fa quell’uccello, e di non vedere mai più, da quell’ora innanzi, la faccia della signoria vostra.
- Sole
- Senti, Copernico: tu sai che un tempo, quando voi altri filosofi non eravate appena nati, dico al tempo che la