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Per le miserie nostre[,] e per l’amore
Che mi strugge, esclamai; per lo diletto
Nome di giovanezza, e la perduta
Speme de[’]i nostri dì, concedi o cara,
Che la tua destra io tocchi. Ed ella in atto
Soave e tristo la porgeva. Or mentre
Di baci la ricopro, e d’affannosa
Dolcezza palpitando a l’anelante
                                                  la guancia1
Seno la stringo, di sudore [la fronte] il volto
Ferveva e ’l petto, ne le fauci stava
La voce, al guardo traballava il giorno.
Quando colei teneramente affissi
Gli occhi negli occhi miei, già scordi[,] o caro,
Disse, che di beltà son fatta ignuda?
                                sfortunato
E tu d’amore, o [sventurato], indarno
Ti scaldi e fremi. Or finalmente addio.
Nostre misere menti e nostre salme
Son disgiunte in eterno. A me non vivi
E mai più non vivrai: già ruppe il fato
L’amor che mi giurasti. Allor d’angoscia
Gridar volendo, e spasimando, e pregne

  1. Tra parentesi di traverso sul margine destro.