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ANNO 1815 - LETTERE 5-6 15 0. A suo padre. - Macerata.1 Recanati 12 Agosto [1815]. Signor Padre mio carissimo. Non avendo l’altra volta potuto risponderle come desiderava, voglio farlo adesso, per non defraudarmi di una soddisfazione che mi dispiacque di non aver potuto proccurarmi. II piacere che suo figlio prova nel trattenersi con lei può esser compreso solamente da un padre com’ella. La sua assenza che lascia un gran vuoto nella mia vita ordinaria mi affliggerebbe sensibilmente, e dopo qualche tempo mi riuscirebbe intollerabile, se non conoscessi ciò, che la cagiona.2 Vedendo che essa ha per oggetto 1 Dall’autografo in casa Leopardi. 2 II marcheso Carlo Antici, che si studiava di giovare in tutti i modi ui membri della famiglia Leopardi, volondo procurare una legittimo soddisfazione all’amor proprio di Monaldo ed insiemo aiutarlo nello difficoltà finanziarie in cui, specio intorno a questo tempo, la famiglia di lui si dibatteva, dopo il mancato conferimento della Ricevitoria del Musone promessagli dal re Murat, era riuscito a ottenergli, col mezzo del Cardinal Mattei, In nomina di membro nella Congregazione di Governo in Macerata, istituita dopo la recente restaurazione del Governo papale. Congregazione che aveva a capo il Delegato apostolico Mona. Tiberi, ed era composta di quattro membri scelti tra i migliori della provincia, con l’obbligo dello residenza in Macerata. Monaldo, dopo un po’ di esitazione, prodotta daU’opinione che l’idea d’impiegato inchiudesse anche quella di mercenario o di servo, accettò. Non fu lieve sacrificio per lui il doversi staccare dalla sua Recanati, dallo suo casa, dai figli e dalla moglie: e, por di più, verso quest’ultima dovè adoperare tutto l’energia di cui era copaco (spalleggiato dal cognato Carlo Antici cho autorevolmente intervenne presso la sorella), per sottrarsi alla tormentosa opposizione e alle smanie di lei. Ma forse lo mancanza do lui più sentita era quella del suo primogenito. E l’Antici, che probabilmente l’aveva indovinata, il 28 luglio gli scriveva: «Se io fossi in voi, mi sarei portato, o farei venire in Macerata Giacomo, perché uscisse dnl tenebroso soggiorno «li Recanati e dalla polvere dei libri, e si dirugginisse con alcuni bravi e distinti dotti che trovatisi costi. Servirebbe ancora per farlo ben conoscere o Mons. Tiberi, lo di cui successivo raccomandazioni e lodi in Roma gli appianeranno la via agli avvanzamenti». L’Antici, che doirimmancabile ascesa di Giacomo ai più alti onori oro da un pezzo convinto assertore o fautore, già più volte aveva esortato Monaldo a inviare Giacomo a Roma. E Monaldo aveva dovuto riconoscere che qualche anno di Roma avrebbo reso il figlio quello cho non poteva divenire in Recanati. Ma aveva anche aggiunto, esser questo por lui «un tasto troppo sensibile >; ché, privandosi di questo figlio, si priverebbe dell’«unico amico» ohe aveva e poteva sperare di avere in Reconati; e quando il figlio avesse cominciato a gustare uno capitalo e ne facesse il confronto con quella «terra di relegazione o di cecità», non saprebbe più viverci contento; o aveva concluso di non sontirsi disposto a questo sacrificio, e di preferirò ohe Giacomo fosse meno dotto, ma fosse di suo padre. E poiché il cognato più di una volta aveva anche osortato Monaldo a moderare in Giacomo l’eccessivo amore allo studio affinché non ne risentisse danno la salute di lui, e ad eccitarlo invece agli utili esercizi corporali e ai leciti svaghi, Monaldo Io assicurava ch’egli