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8 | epistolario |
parola «nò». Il piacere che voi mi avete fatto col torre a copiare il mio picciol Compendio di logica non vi sembrerà forse sí grande quanto lo è in realtà. Un buon copista è assai raro, ed io non reputo lieve vantaggio l’averne ritrovato uno che sia conforme al mio desiderio.1 Il restauratore dell’Italiana Poesia Francesco Petrarca lamentavasi che, avendo egli in poche settimane condotto a fine il suo libro latino De Fortuna etc., non potea dopo piú anni averne copia che pienamente il soddisfacesse, poiché di mille errori eran ripiene tutte quelle ch’egli avea avute da’ vari copisti. Se io fossi vissuto al tempo di Petrarca, e l’avessi udito lamentarsi meco in tal modo, avrei facilmente appacificate ed acquietate le sue querele coll’insinuargli di darvi a copiar la sua opera; e son certo che malgrado la sua delicatezza in questa materia, egli ne sarebbe rimasto soddisfatto. Né crediate che il mestier del copista sia da disprezzarsi. Teodosio, uno de’ piú grandi Imperatori d’Oriente, s’impiegava ancor egli nel copiare gli altrui scritti, e non vivea che del denaro ricavato da questa non ignobil fatica. Voi potrete dirmi, che Teodosio non operava in tal modo perché di sé degno riputasse un tal genere di lavoro, ma solamente per un effetto della sua profonda umiltà e virtù Cristiana; ma io per convincervi di quanto ho preso a dimostrarvi, vi apporterò un altro esempio. Non ci dipartiam dal Petrarca. Egli avendo intrapreso di fare un viaggio, non ben mi rammento per qual fine, e ritrovata cammin facendo un’opera di Cicerone, di cui non avea per anche contezza, non istimò cosa vile il copiarlo da capo a fondo. Ma è omai tempo di finirla, poiché mi avvedo che avendo fatto l’elogio dello stile laconico sto per cadere nei difetti dello stile Asiatico. Sono affezionatissimo per servirvi di cuore, Giacomo Leopardi.
4 | Di Terenzio Mamiani.2 |
Pesaro 24 Ottobre 1814.
Stimatissimo Signore. Nuovi al certo, o Signore, comparirangli codesti caratteri, né capaci in niun modo di scusarsi della loro audacia. Pure lo accerto che la apparente temerità vien provenuta dalla de-
- ↑ Sebbene la buona e affezionata sorella ponesse tutto il suo impegno nel copiare i lavori del fratello, pure, e per la sua minuta e saltellante scrittura (che Pierfrancesco chiamava «i pulcetti»), ben diversa da quella calligrafica di Carlo, e per qualche inavvertenza, non sempre riuscí a contentare pienamente l'accuratissimo e meticoloso Giacomo, che più volte dové intervenire a correggere di sua mano sviste ed errori, specie d'ortografia e d'interpunzione.
- ↑ Dall’autografo, che è tra le carte Ranieri nella Biblioteca Nazionale di Napoli. — È notabile che la prima lettera dei corrispondenti del Leopardi, che qui comparisce, sia proprio di Terenzio Mamiani (1799-1885), il quale fin dalla sua giovanissima età aveva sentito spontaneamente il bisogno di vol-