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ANNO 1818 - LETTERE 1113105 basterete a voi stesso. Bisogna ora sopra tutte le cose cercare forze al corpo; la cui debolezza atterra gli spiriti. Parlando col Mai della vostra lettera Dionisiana, mi disse che l’Aceibi non pensava di poterla stampare per la copia di greco; e che questa ragione distorrebbe anche lo Stella, il cui stampatore è sprovvedutissimo di que’ caratteri: e poi s’imbrogliano i compositori che niente non sanno.1 10 ho pensato che né questa né tante altre fatiche vostre bellissime debbano seppellirsi. Quando saremo insieme vi esporrò il mio disegno, di raccoglierle tutte, e rivederle con voi; io poi avrò cura di farle stampare unite, come saggio di maravigliosi studi d’un giovine: e faremo un libretto rispettabile, e non perituro. Ne discorreremo insieme; e spero che sarà con vostra soddisfazione. 2 Mi rattrista la necessità di tardare la mia venuta; e di non potere correr subito portando un poco di refrigerio al purgatorio d’un’anima dolcissima. Tanto è l’amore e il desiderio, che mi fa credere dovervi pur essere di consolazione la mia presenza. Oh Giacomino mio, quanto sospiro di vedervi, e di potervi guarire. Crediatemi che si guarisce di gran mali: e io l’ho provato. Ricordate la mia servitù al signor Padre, e al fratello. De’ Colombini non so perché il Cesari non li abbia mandati al libraio che gl’indicai: ma è un pezzo che non mi scrive. Addio, amatissimo e desideratissimo Giacomino. C’rediatcmi che vi amo con tutto 11 cuore. Addio. 105. Ad Angelo Mai. - Milano.3 Recanati 20 Marzo 1818. Pregiatissimo Signore. Ricevute finalmente le sue preziose operette, le scrivo per fare io stesso quello che ho già pregato il nostro Giordani di fare in nome mio, e ringraziarla cosi della memoria che conserva di me, come dello stesso dono, nel quale massimamente m’è stata cara la sua Difesa del Frontone, dove con tanta dignità e forza si schermisce da quei cani stranieri.4 Io per me domanderei volentieri al Signor Niebuhr perchè mai stimando Frontone, com’egli dice, uno scrittoraccio vile e da nulla, si sia scomodato a curarlo, e fasciargli, secondoch’egli scrive, le piaghe, con applicarci quelle sue chiarate che invece erano vescicatorii. Ei non potrebbe negare che in questo modo non si sia dimostrato vero e schietto pedante, facendo per un libro antico quello che avrebbe deriso in chiunque, trovata qualche operaccia moderna male stampata, ci avesse faticato sopra per correggerla e farla ristampare. Ma più tosto si dee dire 1 Cfr. lett. 94, p. 149, nota 4. 2 Vedi la lettera precedente, pp. 163-64. 3 Dalla copia di Paolina, corretta da G., in casa Leopardi. 4 Cfr. quello che G. aveva scritto in proposito al Mai fin dai 2 giugno ’17 (lett. 58), e quello che il Mai gli aveva risposto l’11 di quel mese (lett. 60). Dei due opuscoli dal Mai donati a G., uno conteneva la difesa del Frontone, l’altro probabilmente il Sibillino che il Mai gli aveva annunziato di voler donargli (v. lett. 73).